Oggi il nostro Zizza ha deciso di regalarci una piccola grande riflessione su quello che a prima vista rappresenta l'altro lato della medaglia di un p.b. su una gara o di un obiettivo raggiunto: il concetto di sconfitta, di delusione, di "non farcela". E' un argomento che tutti noi, almeno una volta nella vita (i più fortunati!) hanno dovuto affrontare in un modo o nell'altro. Dal punto di vista squisitamente runnistico il sottoscritto al termine della Scarpadoro ha provato quella sensazione di aver mancato l'obiettivo, quel senso di non essere riuscito a portare a casa il risultato sperato e voluto. Lo scorso anno alla 10 Miglia di Garlasco dovetti fermarmi e camminare per circa 300 / 400 metri a solo un paio di km dall'arrivo: fu frustrante e giurai a me stesso che no, non sarebbe più successo. Ed invece la scorsa settimana, a meno di un km dalla linea del traguardo, è successa la stessa cosa. Ero incazzato e non poco ma col passare dei giorni ho capito che avrei potuto e dovuto considerare quell'imprevisto come uno stimolo per un nuovo punto di partenza e quando ti convinci realmente di ciò ti vale molto più di un p.b.
Bene, considerazioni personali a parte, è tempo di lasciare il giusto spazio a Zizza: buona lettura!
Astri e tragedie
Ritirarsi o sbagliare completamente una gara è un evento, con quale noi runners, prima o poi dobbiamo fare i conti. Qualunque sia la causa, in quel momento ci sembra di vivere un disastro, una catastrofe. La parola disastro deriva dal greco dis-astro, significa letteralmente avere un astro avverso, quindi qualcosa che è al di fuori del nostro controllo, dove la sfiga diventa il vero protagonista.
La sfiga può materializzarsi in ogni modo: una buca non vista con conseguente distorsione, uno sgambetto da parte di un gradino nascosto. Insomma, tutti eventi impossibili da programmare, dove tutto avviene in un secondo, un fottutissimo secondo. E succede la catastrofe. Catastrofe è un termine molto interessante, tale per cui vi faccio perdere un minuto di lettura, ma son certo che è possibile trarne spunti stimolanti: arriva dall’unione di due parole greche, kata che significa “giù in fondo” e strepho che indica “girare, rivoltare”. Questa parola fa intendere proprio un ribaltamento completo, uno stravolgimento totale. I greci non vivevano questa parola in maniera negativa come facciamo noi, ed erano ben consci che un completo ribaltamento, e forse una distruzione, a volte serve.
Per raggiungere i nostri obiettivi, a volte, può servire appunto una catastrofe. Non è un caso che la catastrofe fosse una delle quattro parti fondamentali della tragedia o commedia antica. Sia nel bene che nel male, perché ci sia una buona storia, c’è sempre bisogno di una catastrofe. Tornando a noi, qualunque errore, o sfortuna che sia non deve mai portare a malessere o frustrazione, sono eventi che vanno accettati e non elusi, perché se ne andrebbe a perdere il valore più alto, quello educativo.
Se ciò non avvenisse, allora tutto il nostro preambolo perderebbe di valore, e acquisirebbe un accezione negativa, in questo caso parleremo di fallimento. Il fallimento è proprio l’elevazione a potenza degli errori, e questa plusvalenza siamo noi ad attribuirgliela.
Se questo sciagurato evento avviene durante una gara, una valutazione razionale degli eventi e delle relative conseguenze è di primaria importanza. Analizzare con metodo empirico il da farsi non è una cosa banale. Le opzioni sono due: ritirarsi o proseguire. Si necessita di approfondire la natura della causa, soppesando al meglio pro e contro di qualunque scelta, e cercando di avere una visione d’insieme più ampia possibile.
Abbandonare durante una gara, a volte, può essere l’opzione migliore, per evitare che si crei la situazione dove tagliare il traguardo porti un aggravio al nostra condizione fisica, con conseguenza di ritardare ancora di più il ritorno allo sport.
Se invece, si valuta che continuare non porti ad esacerbare il nostro corpo, allora ha senso intestardirsi e proseguire nonostante ogni parte di noi ci dica di smettere. In questo caso ne gioverebbero due fattori, orgoglio e motivazione.
Aumenterebbe l’orgoglio personale, cioè il senso di soddisfazione che deriva dal riconoscimento delle proprie capacità e qualità, considerando inoltre che se aumenta la motivazione aumenta anche la probabilità di successo.
Gestire al meglio queste situazioni fa crescere la consapevolezza di noi stessi, perché di errori ne faremo sempre oppure la sfiga sarà sempre li ad aspettarci. Siamo noi a trasformare questa eventi a nostro sfavore, in eventi che che portano ad una crescita sia in termini di prestazione, ma soprattutto in termini umani. Nel mondo della corsa, la cosa più bella siamo proprio noi runners, perché parliamo di corsa, ma alla fine, stiamo parlando di vita.
KEEP ON RUNNING!
LC
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